Scuola di Comunità

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  • venerdì | 10/03/2023
  • 21:15 - 23:00
  • via delle Sette Sale 30/z

Scuola di Comunità per adulti e giovani lavoratori

il miracolo del cambiamento (es. frat. 1998)

La corruzione della religiosità

Finora ho voluto insistere, da una parte, sul fatto che in qualche modo la concezione secondo cui noi viviamo, la concezione della vita entro i cui termini noi viviamo, ciò che ci ispira ad agire in un certo modo oppure a raggiungere certa edificazione della nostra esistenza e della nostra convivenza con gli altri, trova nella ragione la sua arma di attacco e di difesa. Noi non possiamo – è così dagli inizi del nostro movimento partire se non dall’amore alla ragione, dalla fiducia nella ragione. e questo ci ha fatto percepire il valore della ragione come prima cosa da chiarire.

In secondo luogo, ho inteso sottolineare l’atteggiamento del mondo di oggi, quello che Gesù chiama “tutto posto nella menzogna”.’6 La menzogna è dire. “Dio c’è, ma “Dio tutto in tutto” è astratto”. Cosa vuoi dire? In fondo in fondo è rifiutano, perché tutti coloro che negano “Dio tutto in tutto” negano Dio. Questa situazione, descritta nel secondo momento del mio richiamo, caratterizza l’andamento culturale e sociale – culturale e quindi sociale – della politica di questi tempi, dei nostri tempi. Si tratta di un lungo percorso che ha potuto, lentamente ma inesorabilmente, stipare gli animi di tutti di certi preconcetti, di certi principi preconcetti, di certe indicazioni di azioni preconcette.

Al termine di un lungo percorso di dimenticanza del “Dio tutto in tutto”, nel nostro ultimo secolo, il sentimento religioso proprio della natura umana si afferma con libertà assurda, corrompendosi, nella progressiva eliminazione della religiosità propria di Cristo e quindi della religiosità che ha avuto nella storia del popolo ebraico, in modo mirabile, la sua manifestazione, la sua esemplificazione, l’esemplificazione della sua verità, della sua ultima implicazione. Come il popolo ebraico fu trattato male dai suoi nemici, da coloro che non recepivano Dio, il Dio unico che ha fatto tutte le cose, così la situazione di oggi è avversa ~a religiosità propria di Cristo, erede di tutto l’umanamente incomprensibile fenomeno del popolo ebraico – la storia del popolo ebraico è stata l’assetto profetico di quello che Cristo avrebbe chiarito con se stesso -. Questa religiosità è quella che ci tocca. La lotta è, dunque, in noi, tra la religiosità propria di Cristo e della Bibbia, della tradizione cristiana e della tradizione ebraica, e il dio dell’anticristiano.

La prima ragione per cui noi comprendiamo che la negazione di “Dio tutto in tutto” rivela  la presenza di un anticristianesimo nella formazione dell’uomo e quindi della società, questa prima ragione è stata da me toccata nel secondo momento,’ essa porta alla eliminazione del senso religioso proprio di Cristo e della Chiesa e quindi dell’umanità che essa investe e che la riceve.

Ciò spiega anche come sia stata facilitata nella Chiesa stessa l’incomprensione, in quanto i suoi pastori e i suoi battezzati sono influenzati, si lasciano influenzare da un’altra cultura. Nella stessa promozione missionaria si vede questo, sia sulla persona individua sia sulla società. La promozione missionaria, che è in fondo lo scopo ultimo dell’esistenza del singolo e dell’andamento di tutti i cambiamenti della società, è arrivata a una impasse, che ha avuto il silo culmine nella critica di certo pre- e post-Concilio, in cui si è giunti fino ad affermare che occorreva avere paura che l’azione missionaria fosse contro la libertà dell’uomo, mentre l’azione missionaria è l’estremo esito, l’estremo frutto della fedeltà a Cristo.

Vi ricordate la Lettera ai cristiani d’Occidente di Zverina, che non sarà mai, sia pur ripetutamente codificata e richiamata da noi, sufficientemente letta e riletta? Josef Zverina, il grande teologo cecoslovacco, condannato per tanti anni dal regime di Praga, è stato uno dei teologi più validi e purtroppo non numerosi che la Chiesa abbia avuto come suoi difensori. Egli scrive nel 1970:

“Fratelli, voi avete la presunzione di portare utilità al Regno di Dio assumendo quanto più possibile il saeculum, la sua vita, le sue parole, i suoi slogans, il suo modo di pensare. Ma riflettete, vi prego, cosa significhi accettare questa parola. Forse significa che vi siete lentamente perduti in essa? Purtroppo sembra che facciate proprio così. E ormai difficile che vi ritroviamo e vi distinguiamo in questo vostro strano mondo Probabilmente ;1i riconosciamo ancora perché in questo processo andate per le lunghe, per il fatto che vi assimilate al mondo, adagio o in fretta, ma sempre in ritardo. Vi ringraziamo di molto, anzi, quasi di tutto, ma in qualcosa dobbiamo differenziarci da voi. Abbiamo molti motivi per ammirarvi, per questo possiamo e dobbiamo indirizzarvi questo ammonimento: “E non vogliate conformarvi a questo secolo (dice san Paolo], ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, affinché possiate distinguere qual è la volontà di Dio, ciò che è bene, ciò che gli è gradito, ciò che è perfetto” [“Dio tutto in tutto”, diciamo noi, suggeriamo noi]

“Non conformatevi! Mt .~’skùmatizesthe! Come è ben mostrata in questa parola la radice verbale e perenne: schema. Per dirla in breve, è vacuo ogni schema, ogni modello esteriore [che non viene dalla fede, che non nasce dall’esperienza della fede]. Dobbiamo volere di più, I l’apostolo ci impone: “cambiare il proprio modo di pensare in una forma nuova!” (…). Di contro a skema o morphé – forma permanente -sta metamorphé, cambiamento della creatura [skema o morphé significano una forma permanente, affermano una forma permanente; metamorphé afferma qualcosa che è destinato a cambiare, che cambia, produce un cambiamento continuo nella creatura]. Non si cambia secondo un qualsiasi modello che è comunque sempre fuori moda, ma è una piena novità con tutta la sua ricchezza [così come è Cristo]. Non cambia il vocabolario, ma il significato (…).

“Non possiamo imitare il mondo proprio perché dobbiamo giudicarlo, non con orgoglio e superiorità, ma con amore, così come il Padre ha amato il mondo e per questo su di esso ha pronunciato il suo giudizio [Cristo, il suo giudizio è Cristo. E il Papa, nella sua Enciclica Dives in misericordia, dice che la misericordia nella storia dell’uomo ha un nome: Gesù Cristo. Il giudizio di Dio è misericordia].

“Scriviamo come gente non saggia a voi saggi, come deboli a voi forti, come miseri a voi ancor più miseri. E questo è stolto perché certamente fra di voi vi sono uomini e donne eccellenti [vi è qualcuno eccellente tra di voi, che rimane nella fede, non corre dietro alle novità mondane. Ma proprio perché vi è qualcuno, occorre scrivere stoltamente, come ha insegnato l’apostolo Paolo quando ha ripreso le parole di Cristo, che il Padre ha nascosto la saggezza a coloro che molto sanno di questo”.’7

Ciò spiega come sia facilitata nella Chiesa l’incomprensione del problema: il problema dell’educazione cristiana, della missione, della conversione, della costruzione della Chiesa. Questi problemi esigono un cambiamento, partono da un cambiamento che nell’uomo deve avvenire: attraverso un cambiamento che è avvenuto in altri uomini in cui ci si imbatte, il cristiano è aiutato a percepire e ad avanzare in un cambiamento di se stesso. Il miracolo è questo cambiamento di sé.

Tradizione e carisma

Occorre che la fedeltà a Cristo e alla Tradizione siano sostenute e confortate da un ambito ecclesiale veramente consapevole di questa necessaria fedeltà. Ecco, questo è il punto conclusivo di tutte le mie osservazioni e lo ripeto: occorre che la fedeltà a Cristo e alla Tradizione siano sostenute e confortate da un ambito ecclesiale veramente consapevole di questa necessaria fedeltà. L’ambito ecclesiale, necessario per essere sostenuti e confortati, occorre che sia veramente consapevole di che cosa voglia dire fedeltà a Cristo e alla Tradizione, di come vive veramente la memoria cristiana e non la memoria dei poveri morti. Perciò la prima cosa che mi premeva dirvi oggi è l’imponenza morale della partecipazione a un movimento ecclesiale come appartenenza a un ambito in cui il dono dello Spirito che viene dal Battesimo si concretizzi in forme dimostrativo e persuasive. Questo dono dello Spirito si chiama carisma. Ma non è carisma se non è riconosciuto dall’autorità della Chiesa, cioè dal Papa.

Questo invito a vivere coscientemente il dono che abbiamo ricevuto ha come prima conseguenza morale l’attendere con tutta la disponibilità del cuore all’indicazione del movimento, perché l’appartenenza al movimento, vissuta con semplicità e generosità, è sorgente di luce e di conforto per tutta la nostra vita. Di fatto l’appartenenza al movimento introduce o facilita o assicura una mentalità diversa e impegna una moralità diversa. In quanto l’appartenenza al movimento è una esperienza esistenzialmente concreta del vivere la mentalità nuova in Cristo e la morale nuova, essa introduce alla novità della fede, quella fede che vien meno, che tende a venir meno nel cuore degli uomini man mano che chi immediatamente li dirige tradisce: è la trahison des clercs, come diceva Julien Benda, il tradimento degli intellettuali – l’intellettuale è colui che insegna, che educa, il medico che aiuta, interviene.

Non c’è un altro modo con cui lo Spirito ci può raggiungere più semplicemente, più persuasivamente, più potentemente, che non in una realtà presente, in un contesto presente. Perciò l’appartenenza al movimento introduce, facilita, assicura una mentalità diversa e impegna una moralità diversa.

Ciò non ha nulla dì contraddittorio all’obbedienza che dobbiamo al vescovo o al parroco, anzi, è fattore illuminante di questa obbedienza, è un sostegno per questa obbedienza; obbedienza, tra l’altro, che è inerente alla dinamica stessa della fedeltà a Cristo e alla Tradizione che essa esige. Infatti, un carisma riconosciuto dalla Chiesa è dono dello Spirito di Cristo che porta a vivere l’istituzione integralmente, come il luogo in cui Cristo è avvenimento presente. “Un autentico movimento – diceva Giovanni Paolo II ai sacerdoti nostri, che da un corso di Esercizi andarono a salutarlo – esiste perciò come un’anima alimentatrice dentro l’istituzione. Non è una struttura alternativa a essa, E invece sorgente di una presenza che continuamente ne rigenera l’autenticità esistenziale e storica”,” Basta vedere uno che viva questa appartenenza al movimento vivacemente e intelligentemente: il suo modo di vivere e di potenziare con apporti altrui la parrocchia la fa diventare bella e semplice.

“Nella Chiesa, tanto l’aspetto istituzionale quanto quello carismatico (…) sono coessenziali e concorrono alla vita, al rinnovamento, alla santificazione, sia pure in modo diverso”.’9 Il carisma, seguito con fedeltà, introduce alla fedeltà a Cristo nella fedeltà alle istituzioni. Perciò carisma e istituzione sono coessenziali nella definizione della vita cristiana nella Chiesa, della vita ecclesiale. Perciò un movimento è esemplare e dimostrativo, è persuasivo nelle stesse diocesi e parrocchie e utile per la vita pastorale.

Per completare questo richiamo, occorre anche ricordare che la modalità di vivere il dono dello Spirito deve raggiungere capillarmente la personalità di ogni singolo. E proprio per tenere presente questo che lo Spirito chiama ognuno all’uno o all’altro carisma. Tutti i carismi riconosciuti dalla Santa Chiesa sono coessenziali all’istituzione cristiana.

Si vive veramente il carisma quanto più si paragona tutta la propria vita all’ideale del carisma stesso, così come lo affermano coloro che sono riconosciuti dalla Chiesa come garanti per essa della verità del dono dello Spirito; e perciò il seguire loro è un’ultima obbedienza che cerca di incarnare fino agli ultimi capillari l’imitazione di Cristo e la fedeltà alla Chiesa. La fede si manifesta così in sorgente continua e in continuo termine dell’Incarnazione come metodo ultimo del Mistero; e siccome la missione esiste e vive come testimonianza, solo la fede vissuta realizza la missione, perché solo la fede vissuta cambia, di quel cambiamento in cui si può imbattere chiunque e, sentendosene shoccato, mettersi a seguirlo. Questo fa capire come la fede apra a una mentalità e a una moralità diverse, sia davanti al mondo sia nella Chiesa stessa come realtà umana e, quindi, influenzabile dal contesto.

Comunque, quello che ho inteso dirvi e richiamarvi questa mattina risponde alla preoccupazione che quello che si cambi in voi, per l’intervento del movimento nella nostra vita e per coerenza da esso richiesta, parta coscientemente, ragionevolmente, abbia come primo lungo di avvenimento la conoscenza, perché tutto quello che l’uomo fa dipende da un modo con cui concepisce. Perciò è un modo di conoscenza che può delimitare o eliminare questa concezione che il mondo ci inoltra, per cui Dio è bistrattato, non è affermato come vuole affermarsi, perché Dio si afferma in Cristo. Noi non possiamo conoscere il Mistero se non ce lo dice Cristo. E la Chiesa – è un paragone e non una bestemmia – realizza Cristo con più chiarezza, con persuasività e con sostegno all’attuarsi della vita, attraverso i movimenti. Lo Spirito di Cristo che ha creato la Chiesa e la ha mandata nel mondo, la conforta e la edifica, la fortifica con i carismi: prende dentro certe persone, nell’uno o nell’altro carisma, perché tutta la Chiesa sia rinverdita e rinasca con consapevolezza agli occhi di tutti.

sala don Galli, ore 21:15